Ogni fine anno, l’Agenzia Fides, accanto ad altre statistiche, riferisce anche il numero degli operatori pastorali (sacerdoti, religiosi/e e catechisti) uccisi nel corso dell’anno. Nel 2014 sono stati 26. Ma quel che più stupisce è che, al contrario di quanto si possa pensare, la maggior parte di essi non hanno perso la vita nel Medio Oriente tormentato dai jihadisti, ma nella “cattolica” America Latina. A guidare la triste classifica è il Messico dove nel corso dell’anno sono stati uccisi quattro sacerdoti e l’ultimo Gregorio López Gorostieta il 26 dicembre, dopo che era stato “prelevato” dalla sua stanza nel seminario di Ciudad Altamirano nello stato di Guerrero. Spesso si tratta di preti che hanno avuto il coraggio di denunciare i pericolosi narcos e le violenze da loro commesse, i sistemi di corruzione e le complicità con le autorità locali. Pagano con il prezzo più alto la loro azione di difesa e protezione verso le persone delle proprie comunità. Il monito che ne ricaviamo è che facciamo bene a denunciare il terrorismo del fanatismo islamico, ma non dobbiamo né sottovalutare e tantomeno dimenticare il fenomeno della criminalità organizzata che, per raggiungere i propri interessi, non guarda in faccia nessuno. Si tratta dei tanti padri Puglisi e don Peppe Diana che rischiano di restare anonimi e dimenticati. Per questo, almeno qui, riconosciamo loro il diritto alla memoria.
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