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San Marcello

Una lettera alla scuola

Aggiornamento: 26 apr 2020



Questa mattina mi sono svegliata presto e curiosando su Facebook ho trovato una lettera di Giacomo alla scuola, nella quale esprimeva il suo disagio per la didattica a distanza, per la mancanza degli amici e dei professori. Diversi di voi l'avranno già letta o ascoltata in televisione, ma altri non la conoscono:


Cara scuola,

ecco cosa mi manca di te

Sono Giacomo Bertó, ho 16 anni e frequento la terza liceo classico a Trento. In questi giorni di intontimento generale ho scritto una lettera come un innamorato alla sua amata: ho scritto una lettera alla scuola. Eccola.

Cara scuola, come stai? Spero meglio di come sto io. Di come stiamo noi. In molti si dimenticano di chiederlo, di interessarsi a cosa provano gli studenti. Quasi avessimo deciso noi di separarci da te, dalla normalità quotidiana. Invece, mai come ora che non ti abbiamo più, ti rivogliamo indietro. Ti rimpiangiamo. Troppo tardi? Spero di no. Ma quando ci rivedremo? Aprile? Maggio? Settembre? Cara scuola, sapessi come ti hanno rimpiazzata! La chiamano “didattica a distanza”. Al posto del professore uno schermo, una voce. Parlano e noi, connessione permettendo, ascoltiamo. Ma la testa gira, va via, come i giga e il collegamento. La lavagna non c’è più. Non c’è il mio vicino di banco. Tutto è tanto, troppo lontano. Riprovi a concentrarti, fissi lo schermo, cerchi un sorriso nella webcam. “L’apprendimento non può essere solo la somma di una quantità di nozioni, messe in fila; deve essere condivisione, coinvolgimento.” Lo dicono tutti. Ma come si fa così? E se non capiamo? Dove sono finite le alzate di mano? Gli sguardi dei prof, quelli dei miei compagni, il suono della campanella? Dov’è la mia bidella preferita? Le relazioni che fine hanno fatto? Cara scuola, prima ci lamentavamo delle troppe ore passate tra le tue mura, ora iniziamo quasi a sognarle. Ne capiamo il valore. Era questo che dovevamo imparare signor Virus? Ok, ora basta però c’è anche chi si fa problemi per la valutazione... il “programma”. Ma non era scomparso il “programma”? Non erano le competenze a contare ora? Quante ne dobbiamo tirare fuori, in questa tragedia? Chi pensa invece ad arginare il nostro smarrimento, la nostra paura? I numeri servono, ma tu, cara Scuola, tu sei molto più! Sei centro di aggregazione, luogo d’incontro di anime ribelli dai volti brufolosi, dove ognuno scopre il suo piccolo spazio. Sei una palestra dove le nostre teste crescono, si confrontano, dove ci si innamora, si sogna,si cresce. Non sei un edificio chiuso. Sei un mare di opportunità rubate. Siamo noi o sei tu scuola che devi adattarti a questa situazione? Per fortuna qualcuno ha capito che questo inarrestabile susseguirsi di drastici avvenimenti ha lasciato spaesati anche i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine. Che anche noi stiamo perdendo amici e parenti, che anche noi non siamo felici di questi giorni, che sembrano tutti uguali. E no, non sono vacanze, mi piacerebbe fosse chiaro questo! Cara scuola, ci manchi... Mi manchi! Non ci siamo nemmeno salutati. Quest’anno niente lacrime degli studenti di terza media al suono dell’ ultima campanella: io ne avevo versate così tante con la mia mitica 3D! Rimarrà un vuoto dentro, mancherà l’urlo di liberazione allo scadere dell’ultima ora, gli abbracci con i prof preferiti, con i compagni, gli arrivederci e la consapevolezza che dopo tante fatiche verrà l’estate, avrà i nostri occhi... E ora invece, cosa verrà? Cara Scuola, non ci dimenticare. Prenditi, come sempre, cura di noi.



La lettera di Giacomo esprime i sentimenti e il disagio di tanti ragazzi , che non hanno mostrato forse neanche ai parenti. Lui invece probabilmente ha una maggiore facilità perchè da circa un anno scrive su un blog. Mi ha colpita subito leggerlo, è bello che un ragazzo di 16 anni esprima ciò che pensa. Se volete leggerlo cliccate sul suo nome e cognome e vi apparirà il suo blog.


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