Don Gi mi ha scritto:
Volevo anche dirti che non mi sono molto ritrovato nell’articolo […] che hai pubblicato sul nostro blog. Il rischio è che diamo voce a ogni tipo di lamenti o dissenso, dovremmo cercare a mio avviso la voce dello Spirito…
Del non perderci esclusivamente in un crogiuolo di lamentazioni dimenticando la forza e la gioia che ci viene dall’essere comunità che dà voce allo Spirito, abbiamo in effetti più volte parlato. Sicuramente chi è di San Marcello parte avvantaggiato in tal senso… 🙂
Però ciò che mi aveva colpito in quella “lettera” era in realtà la risposta (a cui avevo rimandato i lettori con il link all’articolo), tra le cui righe si legge:
In realtà, forse senza rendertene conto, nella tua lettera fai una straordinaria professione di fede! Non fraintendermi, non sto cercando di “battezzarti e cresimarti”, cosa che forse hai già fatto (o subito!). Semplicemente esprimi ciò che non sempre i credenti riescono a intuire: che l’unico Dio, l’unico volto di Dio che noi conosciamo e di cui dovremmo parlare è il volto di Gesù di Nazareth, un volto dunque leggibile in quello di un uomo e non quello delle nostre elucubrazioni astratte, avulse dalla nostra vita quotidiana, dai nostri drammi, dalle nostre gioie e sofferenze, dai nostri piaceri e amori, malattie, perversioni, dubbi, angosce… Fa paura ai credenti un Dio così mescolato con la nostra vita; ci piace di più un Dio lontano, inaccessibile, manipolabile dalla nostra fantasia, un Harry Potter che ci risolve con la bacchetta magica i problemi e non ci lascia invece a macerarci nei nostri e, anzi, ce ne crea di nuovi chiedendoci di amare e di lasciarci amare! È meglio per tanti un Dio che puoi cercare di corrompere con una devozione o una candela per portarlo dalla tua parte e ti faccia il miracolo o il miracolino di accontentarti in ciò che tu hai deciso sia il bene per te. Certo che quando uno è malato ritiene bene per sé la guarigione dalla malattia. E non so dire perchè ci sia questa ingiustizia, uno è malato e l’altro no. Posso solo guardare quel che fa Gesù; e vedo che Gesù guarisce i malati: la malattia va, perciò, combattuta; la guarigione dalla malattia è segno del Regno che viene. L’impegnarsi, come ricercatori, operatori sanitari a tutti i livelli, preti, cristiani, per alleviare la sofferenza, umanizzare le strutture e sconfiggere la malattia è collaborazione alla Redenzione. Ma Gesù non guarisce tutti i malati; non solo la guarigione è segno del Regno, ma lo può essere anche la sofferenza; si può vivere la malattia come collaborazione al Regno. «Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo i per Giudei, stoltezza per i pagani»; Gesù ha vissuto la sua croce come offerta, come gesto di amore universale, e affidandosi al Padre. Così anche noi possiamo rendere positiva la sofferenza, facendone un gesto di offerta e un abbandono fiducioso al Signore. Oggi allora, pare particolarmente necessario innanzi tutto un impegno culturale che renda tutti più sensibili ai temi della sofferenza, dell’emarginazione, dei valori della vita e della salute e, anche, della morte. Ma certamente non il predicare la rassegnazione, non trovo nei Vangeli una sola parola di rassegnazione, ma sempre di lotta contro il male in tutte le sue forme.
Poi ce ne sono altri di passaggi che mi sono piaciuti ma lascio agli eventuali interessati la lettura. Forse così la segnalazione è più completa e spero che ti ci ritrovi un po’ di più. 🙂
Maria Grazia
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