…Il figlio che dice sì e fa no. È -voi mi capite- la vernice religiosa. Discorsi religiosi, proclamazioni verbali, l’uso continuo del nome di Dio, lo sbandieramento dell’appartenenza religiosa: uomini e donne del “sì” a Dio. Dobbiamo stare in guardia. Succede questo uso, anzi questo abuso del nome di Dio. Ricordate il capitolo 7° di Matteo: “Molti” -è scritto molti- “molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore. Non è nel tuo nome che abbiamo profetizzato, non è nel tuo nome che abbiamo cacciato demoni, non è nel tuo nome che abbiamo fatto miracoli?” La risposta: “Separatevi da me, voi che operate l’iniquità”. Vedete la schizofrenia: l’uso – l’abuso del nome di Dio – e l’operare l’ingiustizia: operatori d’iniquità! Decisivo è l’operare secondo la giustizia.
Ma chiediamoci: perché succede questo scollamento tra il dire e il fare, questa dissociazione, questa schizofrenia? Succede quando l’istituzione, un certo ambiente, un’appartenenza ci sclerotizzano, non siamo più aperti al cambiamento, siamo impermeabili. Può arrivare anche un Giovanni Battista, un Gesù di Nazaret. Li si vede e non ci si lascia scalfire. Si lasciano scalfire invece esattori e prostitute. Perché? Perché dal paese della loro lontananza da Dio, hanno però la capacità di mettersi in discussione. I principi dei sacerdoti invece e gli anziani si sentono del paese della vicinanza a Dio, vedono, ma non si mettono in discussione. “È venuto a voi Giovanni… ma voi, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli”.
“L’unica chance di salvezza sembra essere allora la capacità di ricredersi, questo coraggio di contraddirsi” (Alberto Mello), questa capacità di mettersi in discussione, capaci dunque di movimento.
Tanti allontanamenti dai nostri ambienti religiosi sono avvenuti anche per questo; e lo diceva un ragazzo l’altra sera all’Assemblea parrocchiale parlando dei suoi compagni che non credono: diceva che ai loro occhi i cattolici appaiono come gente sempre sicura di sé, incapaci di mettersi in discussione.
È grave questa sensazione di rigidità, di immobilismo che diamo a chi ci incontra. E pensare che Gesù ci ha insegnato di metterci in discussione fino all’ultimo; la Bibbia ci insegna questo. Il credente dovrebbe testimoniare questa capacità sorprendente del cuore umano, di cambiamento, di rinnovamento.
Ezechiele oggi ci insegna una cosa bellissima: che se nella vita non sei capace di mutamenti, fai morire te stesso, al contrario se sai convertirti, se nella vita sai metterti in discussione, se sei capace di mutamenti, allora fai vivere te stesso. (da un commento di Angelo Casati)
Comments