Se oggi questa festa celebra la divina maternità di Maria e l’imposizione del Nome santo al suo figlio, essa è anche memoria della circoncisione di Gesù (e così era nella chiesa cattolica fino al 1970). Memoria importante non solo perché ricorda la perenne ebraicità di Gesù, ma per la valenza spirituale della circoncisione stessa. La circoncisione incide il segno dell’appartenenza al popolo d’Israele e dell’ingresso nell’alleanza nello spazio corporeo, nella carne dell’uomo, anzi proprio nella carne del membro.
Così lo strumento della generazione, grazie a cui l’uomo obbedisce al comando creazionale di riprodursi e di trasmettere la benedizione (cf. Gen 1,28), proprio l’organo dell’incontro sessuale con la donna, viene segnato da una ferita, che è anche un’apertura e un’appartenenza. Apertura perché con la circoncisione l’uomo si pone in ascolto della donna ponendo un limite alla sua “onnipotenza virile” e accetta di vivere la sessualità come incontro faccia a faccia; appartenenza perché la circoncisione rende il corpo umano una superficie scritta, una sorta di libro su cui è incisa l’irrevocabile decisione divina di legarsi in alleanza con i figli d’Israele. Il passaggio di Dio e del suo Spirito nell’uomo lascia come traccia una ferita. La circoncisione è una ferita, uno spogliamento che rivela una mancanza più profonda e vitale che è connessa costitutivamente alla nostra umanità e che è la condizione dell’incontro con l’altro e dell’accesso di Dio nella nostra vita. Per questo la Bibbia simbolizza la circoncisione e la estende a tutto l’uomo parlando di circoncisione degli orecchi e del cuore (cf. Ger 4,4). La nostra carenza, la nostra mancanza è il luogo dell’incontro e della relazione.
Del resto, se il cristianesimo non ha assunto la circoncisione, ma ha fatto del battesimo il segno dell’iniziazione alla vita cristiana e dell’appartenenza alla comunità cristiana (e il luogo in cui il nome del nuovo nato viene pronunciato davanti a Dio e alla comunità cristiana), questo può essere chiamato dal Nuovo Testamento come circoncisione di Cristo: “In Cristo voi siete stati circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del vostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo. Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo…” (Col 2,11-12).
Esperienza originaria di Gesù, come di ogni umano, è quella di essere preceduto. Il nome “Gesù” era il nome con cui era stato chiamato dall’angelo “prima di essere concepito nel ventre materno” (Lc 2,21). Preceduto da genitori, preceduto dalla storia di un popolo, preceduto da Dio. L’accoglienza amorosa che i genitori faranno del figlio, così come l’accoglienza che gli predisporrà il popolo con le sue istituzioni religiose e i suoi riti, i suoi gesti e le sue parole, sarà essenziale al nuovo venuto per giungere all’accoglienza della propria storia di precedenza. L’accoglienza è la condizione per pacificarsi con la propria origine e con la storia che ci ha preceduti. L’accoglienza che conosciamo nel nostro venire al mondo e nel nostro vivere è fondamentale perché noi, a nostra volta, possiamo accoglierci nella storia di precedenza che ci ha segnati. E che, quale che essa sia, risale in ultima istanza a Dio Padre. (Luciano Manicardi – Comunità di Bose – http://www.monasterodibose.it)
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