La liturgia di oggi, nel suo complesso, ci presenta tre affreschi: due (Prima lettura e Vangelo) hanno come protagoniste due donne, vittime di un sistema maschile che prima sfrutta le donne, usandole e asservendole, e poi le condanna in nome di un perbenismo moralista di facciata. Il profeta Nàtan nella prima lettura e Gesù nel Vangelo svelano invece la radice del male, con una differenza: Nàtan non considera la donna, che resta una vittima di un sopruso di potere, ma si preoccupa di ristabilire l’ordine etico davanti al re e nel contempo la dignità dello stesso re e della sua dinastia; Gesù, al contrario, opera la sua «scelta preferenziale per i poveri» e sta dalla parte della donna che non viene da lui condannata, ha invece per lei parole di elogio, riconoscendole una missione profetica: per tre volte la pone in contrapposizione alternativa al fariseo Simone che si reputa religioso e perbene: «Tu non hai … lei invece …» (Lc 7,44.45.46). È il capovolgimento che Maria, come abbiamo già anticipato, canta nel Magnificat: «ha rovesciato i potenti dai troni / ha innalzato gli umili» (Lc 1,52)
Dal canto suo Paolo porta alle estreme conseguenze il rapporto tra l’agire e le motivazioni. Osservare con scrupolo le regole della religione non significa essere religiosi, perché il comportamento da solo, staccato dalle ragioni del cuore e della fede, è un guscio vuoto pieno di illusioni. Si possono celebrare liturgie sontuose, splendide, perfette esteticamente e celebrare sontuosamente il nulla. Spesso e volentieri si confonde la religiosità come sinonimo di fede, mentre la connessione non è spontanea e automatica: non sempre agli atteggiamenti di religiosità ostentata o semplicemente esteriore corrisponde una disposizione di fede. La fede esige una relazione esistenziale effettiva, coinvolgente, dinamica e affettiva. Per Paolo bisogna «con-sperimentare» la vita e le scelte della persona a cui ci si lega: inventa il termine «con-crocifisso» (Gal 2,20) e tanti altri quasi a dire che l’amore non si può servire del vocabolario comune, perché il suo linguaggio, come quello della fede, ha bisogno di nuovi strumenti per comunicare la pienezza e l’armonia che ha in sé.
La religione dei Farisei non è più sufficiente, ora occorre la fede dimessa e quasi timida della prostituta anonima per incontrare il Signore, piangere sui suoi piedi e asciugarglieli con i capelli della nostra gratitudine. In fondo lo aveva già detto ai suoi discepoli: se non vi convertite dalla vostra religione di facciata, le prostitute e i peccatori vi precederanno nel regno dei cieli (cf Mt 21,31). (da un commento di Paolo Farinella, prete – Genova – http://paolofarinella.wordpress.com/category/liturgie)
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