Il pozzo di Sicar, il deserto, quell’ora improbabile -mezzogiorno-, un’ora improbabile in cui attingere l’acqua. Improbabile l’ora! Perché la Samaritana esce a quell’ora? Forse c’è da scavare sotto la magia di quell’ora? Forse sì. Improbabile l’ora. Ma -agli orecchi della donna samaritana- improbabile anche la domanda di Gesù, come se la richiesta del bere sottintendesse qualcos’altro: “come mai tu, che sei un giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?”. Come se il chiedere l’acqua fosse un pretesto e l’intenzione fosse un’altra, come se nelle parole di Gesù si nascondesse una vera propria “avance”: la donna ci era abituata, la sua femminilità conosceva questi passaggi sinuosi. Era forse l’inizio di un corteggiamento? Tutto poteva richiamarlo, perché nella Bibbia -e quindi nell’immaginario della donna- l’incontro al pozzo è un classico, è una “scena tipo” che diventa occasione di un fidanzamento. Basterebbe scorrere la storia dei patriarchi -anche quella di Giacobbe e qui siamo al pozzo di Giacobbe- per sentire il racconto di futuri sposi, giunti da terre straniere, che presso un pozzo incontrano una ragazza, e l’incontro conosce attenzioni e gesti. Giacobbe, per esempio, da solo rotola la pietra della bocca del pozzo e poi abbraccia Rachele. E la donna, nei racconti dei padri, corre ad annunciare a casa sua l’avvenuto incontro; allo straniero è offerta ospitalità. E poi il fidanzamento, e poi il banchetto. E quindi il pozzo -anche quello di Sicar?: ce lo chiediamo- come luogo di corteggiamento? La donna, la donna di Samaria, aveva conosciuto il corteggiamento nella sua vita, ma aveva conosciuto anche l’inaridimento -cinque matrimoni falliti alle spalle-; storia, la sua, di una brocca vuota. E questo andar avanti e indietro al pozzo, il pozzo quello dell’acqua e quello dell’amore. Attingere e poi ritrovarsi con la brocca vuota. Ma quel giorno al pozzo nell’ora più calda del giorno accadde qualcosa… (da un commento di Angelo Casati)
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