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San Marcello

Per tutti


Forse potremmo dire che l’Epifania è una questione di occhi, di occhi che guardano lontano: “Alza gli occhi intorno e guarda”, di occhi che intravedono nel buio: “Abbiamo visto una stella e siamo venuti”, di occhi che -perdonate il bisticcio delle parole- vedono più di quello che vedono: adorano un bambino. Occhi dilatati, occhi smisurati, occhi profondi.

Per questo, proprio per non restringere l’orizzonte della visione, vorrei lasciare agli esegeti, ai critici, il compito di segnalarci dove passa il confine tra storia e leggenda in questo racconto di Matteo, e di indagare se il racconto è o non è un’interpretazione della nascita di Gesù a partire dall’evento finale, quello della risurrezione.

A noi interessa forse di più cogliere alcuni messaggi nascosti sotto i simboli che fanno il racconto.

Un primo messaggio è in questa parola che evoca lontananza, paesi sconosciuti, non visitati, l’Oriente: “Giunsero da Oriente”. Non sappiamo quanti erano, ma sappiamo da dove venivano: da Oriente. Ma è una indicazione che lascia un senso di mistero. Terre lontane, terre a noi sconosciute, terre da noi non visitate. Ma visitate da una stella: “Abbiamo visto sorgere una stella”. Come è bello pensare a queste stelle che sorgono nelle notti più lontane, nelle notti più profonde. E mettono uomini e donne in cammino: lunghi cammini.

Noi pretendiamo di portare subito la gente davanti alla grotta. Ma ci sono lunghi cammini. E poi lo sbaglio è che pretendiamo di essere noi  -o se non noi, la chiesa- la stella. La stella -potremmo dire- è lo Spirito di Dio.

“C’è” -scriveva il Cardinale Carlo Maria Martini in una lettera pastorale- “c’è e sta operando. Arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo, né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro” (“Tre racconti dello Spirito”, pag. 11).

Come è bello pensare che tante stelle nascoste ci sono nei cieli più lontani, nelle culture più lontane, nelle religioni più lontane, nei paesi più lontani. E dietro quelle stelle uomini e donne in cammino.

E forse luoghi della notte e delle stelle non sono solo i paesi e le città delle nostre cartine geografiche, ma sono anche i cuori. Notti segrete e bagliori improvvisi avvengono nei cuori. Stelle che si accendono dentro i sogni, dentro i desideri, dentro i trasalimenti. E tu hai una percezione, come un segnale. E senti di doverti mettere in cammino.

Avviene anche che chi ti vede partire -uomo del realismo- ti guardi con occhi sospetti: “Ma come! Tu credi a queste percezioni, tu credi a queste corrispondenze con il tuo desiderio, con il tuo sogno?”.

Pensate, se non fossero partiti i Magi! Andiamo adagio a cancellare i sogni, il pericolo è di cancellare le stelle. Andiamo adagio a squalificare i desideri, il pericolo è di squalificare il grembo delle stelle.

Quelli che vedono partire i Magi e fanno dell’ironia, assomigliano a quelli dell’apparato, che li vedono arrivare a Gerusalemme. Consultano… ma non credono più di tanto! Sono loro i padroni delle stelle, sono loro a seminarle sul cammino, loro le guide. Chissà che ironia avranno fatto su quei Magi, gente strana ed esaltata: “Figuriamoci se non lo sappiamo noi!”. È la gente che cancella i sogni, ironizza sui desideri, spegne i sussulti delle coscienze, spegne l’immaginazione. Loro non si lasciano andare.

Certo che non è un cammino facile star dietro le stelle, star dietro gli inviti segreti dello Spirito. A volte sembra proprio di non vedere più nulla. E c’è subito qualcuno pronto a dire: “Hai visto? Ecco dove sono arrivati l’uomo e la donna dei sogni, l’uomo e la donna della poesia, l’uomo e la donna del cuore!”.

Ebbene, sii fedele! La stella riappare. È una questione di occhi, di occhi che intuiscono l’invisibile, occhi che vedono le cose nascoste, occhi che scorgono tracce segrete, le tracce di Dio.

Certo gli uomini del realismo, del freddo e pragmatico realismo, avrebbero fatto chissà quale ironia se avessero visto i Magi davanti a quella casa di poveri, a Betlemme. “Ecco l’uomo dei sogni” -avrebbero detto- “ecco l’uomo delle stelle. Ecco l’uomo che cerca l’Infinito. Guardate, adorano un bambino”.

Gli uomini del realismo hanno occhi e non vedono. L’Epifania è proprio una questione di occhi.

È vedere l’infinito in un bambino. (Angelo Casati – http://www.sullasoglia.it)

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L’immagine: Giotto, Adorazione dei Magi – Padova, Cappella degli Scrovegni.

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