Il vangelo odierno è tratto dal 1° discorso pronunciato da Gesù, comunemente noto come «discorso della montagna» o «proclama costituente» che offre l’orizzonte e i confini del regno di Dio annunciato da Gesù.
Il brano di oggi riporta ben 6 “antitesi” più un’affermazione autorevole (v.20), cioè 7 pronunciamenti. Sette parole forti che indicano un capovolgimento totale tra «prima» e «dopo» (cf Mt 5,17-48).
Questo insieme è introdotto da alcuni versetti, propri di Matteo, in cui l’evangelista mette a fuoco l’idea di compimento, un tema costante nell’opera di Matteo. Se Gesù elogia l’osservanza di quella Legge che egli stesso non esita a disattendere (Cf Mt 12,10-12), qual è il senso della novità della sua predicazione?
E’ uno solo: la comunione diretta e personale con Dio che deve essere il fondamento di ogni morale di relazione, al contrario del fariseo che si limita ad osservare la Legge senza prestarvi l’adesione del cuore. Credere nel Dio di Gesù Cristo significa accettare d’incontrarlo nella persona di Gesù che diventa così la chiave di comprensione che illumina il passato («vi è stato detto … ma io vi dico») e anticipa il futuro perché lui è l’inizio e il compimento del regno, cioè la Presenza/Shekinàh di Dio in mezzo a noi. Nell’Eucaristia, sacramento «culmine e fondamento», viviamo e anticipiamo sia il compimento che la Presenza/Shekinàh nel pellegrinaggio della storia umana. (da un commento di don Paolo Farinella)
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