Nel racconto di Matteo assistiamo a un dirottamento circa il luogo dell’attesa, il deserto! Ma anche circa gli uomini che segnalano il Veniente. È Giovanni. Senza paludamenti da celebrazione, vestito di peli di cammello e con una cintura di cuoio intorno al suo fianco. Chi sono, se ci soffermiamo a pensare, chi sono gli uomini che accendono l’attesa? Quelli che ti fanno puntare gli occhi oltre? Non sono certo quelli che cercano consensi umani. Non sarà certo una chiesa appiattita sui modelli mondani, una chiesa nel gioco delle ambizioni umane, rivestita di orpelli esteriori, non sarà certo questa chiesa a segnalarti l’esistenza dell’oltre, a confermare il tuo desiderio del Veniente. Dalle sue vesti appare se attende Lui o altro. Ma un dirottamento avviene nel nostro brano anche a proposito degli interlocutori del Battista. Perché al suo grido sembrano accorrere tutti, accorrono al battesimo, a un rito che significava immersione, purificazione e riemersione a una vita diversa. Ma perché – forse ve lo siete chiesto anche voi – perché tra gli accorsi al battesimo lo sguardo di Giovanni va a scovare un gruppo numeroso, “molti” è detto, di farisei e sadducei e per loro ha parole roventi, di fuoco? Se leggiamo attentamente il nostro brano, troviamo una risposta. “Fate” dice loro “frutti degni di conversione e non pensate di dire in voi stessi: abbiamo Abramo per padre, perché vi dico che Dio può da queste pietre suscitare figli ad Abramo” . Ecco perché è così ruvida con loro, che erano i puri, che erano gli uomini della legge, la parola del Battista: perché sbandieravano un’identità religiosa, il nome di Dio, il nome di Abramo, ma la loro vita era lontana da Dio e da Abramo. Bando alle parole, fate frutti che dicano che siete cambiati. Matteo sta parlando alla sua comunità e ha netta la percezione che l’ipocrisia di quel gruppo, l’ipocrisia religiosa, sia una gramigna che si autoalimenta e finisce per appestare il territorio di ogni religione e stia affacciandosi anche nella sua comunità. Si va a un rito di immersione e tutto finisce lì. Ci si dice di Cristo e non si va per le vie di Cristo. Si resiste al cambiamento. Si resiste alla conversione. Si dimentica che questa, la “conversione” è la parola che sta vicina, stretta, all’annuncio della venuta: “Convertitevi perché si è avvicinato il regno dei cieli”. Convertiamoci. Facciamo spazio al cambiamento. (da un commento di Angelo Casati)
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