Abbiamo già accennato la prima volta che ci siamo visti all’idea del “supermercato sociale”, lo chiamiamo così ma in realtà l’ipotesi più accreditabile è il “minimarket sociale”.
Per quanti sono qui per la prima volta faccio un passaggio veloce sull’idea:
un supermercato sociale è un supermercato che rivende prodotti last minute provenienti da ipermercati o altri supermercati, che invece di buttarli potrebbero destinarli gratuitamente a percorsi di sostegno sociale per i soggetti svantaggiati.
Con questa denominazione s’intendono in ordine di disagio:
senza fissa dimora di ogni età, di ogni nazionalità e religione, a seguire coloro che hanno un reddito familiare al di sotto dei 7000 euro annui, ovvero una media di 583 euro mensili; il reddito è certificato dalla dichiarazione dei redditi annuale e va controllata ogni anno poiché le situazioni cambiano.
Si accede al supermercato grazie ad una tessera che viene rilasciata dall’amministrazione del supermercato, dopo aver fatto i relativi controlli.
Tutti i prodotti vanno venduti con uno sconto sul prezzo che va dall’80 al 95 %;
la percentuale degli sconti varia a secondo dei giorni di scadenza;
il ricavato dal 5 al 20% con cui si vende il prodotto serve ai costi di gestione;
i prodotti invenduti a 15 minuti dalla chiusura dell’esercizio e nell’ultimo giorno di scadenza vanno distribuiti gratuitamente.
Per fare un minimarket sono sufficenti anche 60 mq, arredati per le necessità e secondo normative sanitarie vigenti, oltre che un minimo di costo del personale che nel caso specifico potrebbero essere sempre soggetti svantaggiati con turni a rotazione ( questo eviterebbe una gestione volontaristica che non avrebbe vita facile ).
Per attrezzare ed arredare un luogo di 60 mq, si parte con l’individuazione del luogo, poi un progetto di massima e una visita preventiva da parte delle autorità sanitarie competenti, che danno indicazioni precise sulle modalità per l’arredo e la struttura, questo comporta che il locale sia certificato sin dall’origine secondo le normative edilizie in vigore.
La gestione dell’esercizio prevede che anche se con una scontistica di questo tipo ci sia un registratore di cassa e si emetta regolare scontrino, questo significa che anche in questo caso, a meno che non si accede a percorsi che possano usufruire di agevolazioni fiscali, ci sono delle competenze fiscali e amministrative.
Il personale addetto alla manipolazione dei prodotti anche se saltuario dovrà essere comunque preparato alla gestione dei prodotti ed essere munito di regolare autorizzazione.
Poi la regolarità amministrativa dovrà essere seguita da persone professionalmente preparate quindi ragioniere, commercialista e consulente del lavoro.
Il carico e l’approvvigionamento necessita di un mezzo e del conducente, inoltre prima della vendita il controllo degli alimenti è obbligatorio, poiché si tratta di merce in scadenza.
Tutti gli alimenti vanno controllati per il loro stato, sia quando si ricevono, sia quando si espongono e la verifica a fine giornata è doverosa.
Questo percorso è comunque un percorso con un flusso di denaro, per cui contabilmente è soggetto a controlli, sia da parte del fisco, sia da parte di tutti coloro che fanno parte come soci del progetto, per cui è necessario un nucleo di controllo che garantisca la correttezza di ogni singola voce o movimento di carico, scarico, incassi e destinazione del ricavato.
Costi fissi:
affitto, utenze, manutenzione ordinaria delle attrezzature, costo lavoro.
Costi variabili:
trasporti, costo lavoro, manutenzione straordinaria
attrezzi da lavoro:
camici, cappelli, guanti, frigoriferi, scaffalature a secondo dello spazio e del progetto.
Intanto se permettete vorrei fare un passaggio su alcune riflessioni che per quanto mi riguarda sono quelle che mi spingono da molto tempo ad insistere su questi percorsi…alcuni direbbero percorsi da perdigiorno….questi alcuni poi…t’accorgi che sono tanti…perché poi le anime buone in realtà di fronte alla concretezza del fare antepongono molto spesso un personale stare bene, escludendolo dalla collettività….
Allora dò per scontato che anche se a tutti noi piacerebbe vivere nell’armonia di una vita fatta di serenità, sociale ed economica, in questo momento è tutto il contrario di tutto, dò per scontato che se l’andare a vivere in campagna in armonia con la natura è una condizione affascinante, non è una condizione realizzabile per tanti, siamo ingabbiati nel vincolo delle città e questo lo sappiamo tutti, le città hanno un perché nell’economia…….
Dobbiamo cominciare a compilare dei sotto gruppi di economie altrettanto importanti e dalle quali per condizioni di “sviluppo” ci siamo allontanati.
Economia del denaro
L’economia del denaro è un’economia indispensabile, ma fortemente legata ad un sistema iniquo, questo ormai lo abbiamo potuto constatare, per cui abbiamo necessità di opporci con altre forme economiche che al tempo stesso siano capaci di essere più incisive in quel percorso difficile della redistribuzione delle risorse, ivi comprese quelle economiche.
Economia del noi
L’economia del noi, credo sia l’unica economia che pur nella complessità del suo ragionamento è quella che da sempre salva dai disastri le comunità e i popoli; va ripreso questo percorso con determinazione e convinzione, ormai si moltiplicano le esperienze che pur sembrando innovative in realtà lo sono solo nella loro parte più di definizione con i nostri tempi, in realtà appartengono da sempre alla natura di chi vive nelle comunità la cui sopravvivenza e la vita dipendono solo dalla capacità di distribuirsi equamente le risorse…..
L’economia del noi ha anche il grande pregio di stabilire un rapporto di forza all’interno dell’economia del denaro, per cui ritengo possa esserci ampio margine di trattativa a favore di quest’ultima, chiaro che dipende solo da noi.
Di questi tempi aprire un varco nell’economia del denaro in una città come Bari si rende più che mai indispensabile, per questo l’idea potrebbe muoversi sulla scorta di altre esperienze già esistenti, con cui costruire una rete e nutrendosi di quella conoscenza che potrebbe venire da queste.
Come suggerimento per avviare un percorso di questo tipo esprimo solo un’ipotesi, mille soci in un percorso cooperativistico potrebbero realizzare un minimarket sociale con una spesa totale di 35.000.00 euro annue che sarebbero l’equivalente di 3.50 euro mensili a testa e le strutture frigorifere averle in comodato d’uso gratuito da aziende che potrebbero investire trasformando la loro partecipazione in un benefit pubblicitario.
I soci della cooperativa che potrebbero essere chiunque, non sono soci perché usufruirebbero della scontistica del supermercato sociale o per lo meno non necessariamente…potrebbero essere persone sensibili e la loro partecipazione economica sarebbe puramente formale poiché attraverso processi di accordi con catene di supermercati potrebbero usufruire di sconti attraverso la tessera da rientrare tranquillamente della spesa di 3,50 euro mensili….potere “contrattuale dell’economia del noi”.
Ora non è detto che i supermercati o gli ipermercati aderiscano facilmente e/o volentieri a queste iniziative, ma altrettanto vero è che la capacità di diffusione di notizie, oggi è talmente alla portata di tutti che si potrebbe rendere pubblica la lista di quegli esercizi che ogni giorno destinano a macero alimenti in scadenza….la comunicazione è anche economia….di qui possiamo aprire tutti i margini di discussione che vogliamo, come anche stabilire regole che evitino ai soliti furbetti di speculare su questo percorso.
E concludo, le catene di distribuzione siamo sicuri che sottovaluterebbero una pubblicità negativa? Potrebbe essere questo il nostro potere contrattuale? E l’amministrazione comunale in quanto responsabile della salute dei cittadini e l’alimentazione è un diritto che soddisfa un bisogno primario, siamo sicuri che non debba essere attenta alle tante voci del bisogno per cui fare da garante e parteciparvi ?
Sergio Scarcelli
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