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San Marcello

Vigne come vele per l’arca della storia












Vigna d’uva selvatica in Isaia, vendemmia di sangue in Matteo: è la domenica delle delusioni di Dio. La parabola intona il canto dell’amore deluso, canto però di una passione che nessuna delusione può spegnere, che non si arrende, che prende sempre nuovi sviluppi, che non è mai a corto di meraviglie, che ricomincia dopo ogni rifiuto ad assediare il cuore con nuovi profeti, con nuovi servitori, con il Figlio, e da ultimo con le pietre scartate.

Per ogni contadino la vigna è il campo prediletto. Vigna e passione di Dio è la mia vita. Il suo scopo è portare frutto, il suo rischio è l’inutilità. Perché viene il Vendemmiatore, viene ogni giorno, viene nelle persone che cercano pane, conforto, vangelo, giustizia, amore. Viene in coloro che talvolta ci domandano un po’ di coraggio per continuare a vivere, per non lasciarsi andare. Che cosa gli daremo? Un vino di festa o uva acerba?

Io sono vigna e delusione di Dio. E se il Regno, alla fine, sarà dato ad un altro, forse inizierà da capo la conta della speranza e della delusione. Così è il nostro Dio: in Lui il lamento non prevale mai sulla speranza. E il frutto di domani conta più del rifiuto di ieri. Il bene possibile e sperato vale più della sconfitta patita. Patto d’amore mirabile e terribile.

Ma c’è di più. La parabola dell’amore deluso non si conclude con un fallimento. Tra Dio e l’uomo le sconfitte servono solo a far meglio trionfare l’amore di Dio. La soluzione dei giudei è logica: ancora sangue, nuovi vignaioli e nuovi tributi. Riprende il ciclo immutabile del dare e dell’avere, nulla cambierà davvero. Gesù introduce la novità del Vangelo: Dio non spreca la storia in vendette; il suo Regno è una casa nuova la cui pietra angolare è Cristo, una vigna nuova dove la vite vera è Cristo.

Con una immagine molto bella qualcuno ha detto che: l’arca aveva una vigna per vela (Lanza del Vasto). L’arca salva l’umanità e avanza sulle acque di questi ininterrotti diluvi sospinta da una vela nuova in cui soffia il vento di Dio e che indica la rotta, una vigna che è Cristo. In me deve fruttificare, germinando, il seme di Cristo, e crescerà la vela dell’arca. Il Regno sarà dato ad un popolo che lo farà fruttificare. È l’ultima meraviglia, l’ultima vittoria di un illogico amore. La vigna sarà donata a chi sa fare i frutti buoni che Isaia enumera: aspettavo giustizia, attendevo rettitudine, non più grida di oppressi, non più sangue. Il frutto che il Padrone attende non riguarda il suo proprio interesse, ma il volto dei suoi figli non più umiliato: passione di Dio, al tempo stesso suo patimento e suo desiderio. Il mondo è di Dio, ma è dato a chi lo rende migliore, a chi fa crescere vigne come vele per l’arca della sua storia. (da una commento di p. Ermes Ronchi, osm)

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