A grande richiesta dopo l’omelia di ieri sera… 😉
Maria Grazia
Non so quale sensazione abbiate avuto voi ascoltando la Parola di Dio di questa domenica, soprattutto ascoltando le parole del lontano discepolo di Isaia e le parole di Gesù ai settantadue.
Vi posso dire la sensazione che ho provato io -immagino anche qualcuno di voi-: l’evangelo per le strade, per le case, a cielo aperto. Una sensazione di leggerezza, di fiducia, di freschezza. Non c’era niente, quasi niente -anzi questa era una condizione voluta- e si camminava. Per le strade. Si entrava. Nelle case.
Come eravamo agli inizi. E come siamo oggi. Non voglio lasciarmi prendere dal lamento. Ma non possiamo nemmeno tacere e non patire la distanza dagli inizi. Certo non possiamo riproporre oggi schemi del passato. Ma non possiamo nemmeno non avvertire che abbiamo accumulato pesantezze lungo il cammino: la macchina organizzativa è cresciuta a dismisura e anche le complicazioni, complicazioni d’ogni sorta, tutto deve rientrare. “Rientrare”, capite? Quando in principio il comando era di uscire, e non c’erano schemi, c’era fantasia, c’era scioltezza, e le parole erano semplici, ma venivano dal cuore e andavano al cuore.
Oggi non sappiamo più che cosa escogitare e insegniamo i modelli mondani, per colpire l’immaginazione. Cerchiamo posizioni di potere da cui contare, contare nella società.
L’altra sera -ve lo confesso- mi ha preso un po’ di tristezza in una delle nostre riunioni di progettazione, quando mi attraversò, come in un baleno, questo brano di Vangelo. Non sappiamo più cosa inventare!
Ma lo spazio, secondo Gesù, è quello della normalità, la normalità della strada, la normalità della casa, non i raduni.
Andate per le strade, camminate con la gente, osservate i volti. Entrate nelle case, ascoltate, ascoltate il cuore della gente.
Voi mi capite. Le parole di Gesù, vissute, vissute prima che dette, nella normalità delle relazioni. E la strada rimanga strada e la casa rimanga casa.
Non ci ha detto Gesù: fate le processioni per le strade. Qualche volta è bello farle. Ma via l’equivoco: quello è un fatto eccezionale. Ama la strada di tutti i giorni, il luogo in cui cammini con tutti. È lì che deve correre il Vangelo.
È nella normalità della casa. Non trasformando la casa in una chiesa, lasciando alla casa il suo calore, il clima inconfondibile della casa, senza falsi spiritualismi: “mangiando e bevendo di quello che hanno”, come è scritto. Dentro questa bellezza semplice dell’ospitare, dell’ospitarsi.
È lì che passa il Vangelo, lì corre il Vangelo del Regno.
Ma pensate, pensate quanta forza ha il Vangelo quando non ha l’aria delle prediche, ma è dentro le parole della strada, dentro le parole della casa!
Gesù ci ha insegnato, in questo manuale dell’evangelizzazione, anche lo sguardo con cui andare per le strade, entrare nelle case.
È uno sguardo che nasce dalla preghiera: “La messe è molta, gli operai sono pochi. Pregate dunque…”.
Anche sotto questo profilo -“come guardo l’umanità?”- la sensazione a volte è che abbiamo sovvertito il Vangelo. Diciamo il contrario di Gesù: ci vogliono preti, diciamo, perché il mondo è diventato un deserto.
No, la messe è molta, dice Gesù. C’è tanto da raccogliere. Chissà se abbiamo occhi per vedere i segni. Noi diciamo: come sono distanti da Dio, quale distanza! E Gesù: il regno di Dio è vicino.
Capite, è uno sguardo diverso.
E che cosa dire? C’è, lo sapete, c’è nel manuale una priorità che va rispettata -non è stata sempre rispettata-; è la prima cosa da dire, da dire e da portare: “In qualunque casa entriate prima dite: Pace a questa casa”.
A “questa” casa, capite, non a una casa generica. A questa, queste pareti, queste finestre, questa tavola, questi volti.
La pace. State in pace: il regno di Dio, con Gesù, si è fatto vicino. Vicino a questa casa.
Il vangelo si apre con gli angeli che cantano: la pace è ora sulla terra. E si chiude con Gesù che, risorto, entra nella casa e dice: pace a voi.
Se avrete il vangelo dentro, porterete, con la vostra persona, prima ancora che con le vostre parole, pace, incoraggiamento.
E ci sarebbe da dire -ma voglio concludere- della libertà dei discepoli. Liberi dal peso delle cose. Liberi. Decisive non sono le cose, decisivi non sono i mezzi.
Liberi anche dal risentimento. Il risentimento per la non accoglienza. Non lasciatevelo appiccicare alla pelle come una polvere, scuotetevelo di dosso. Dite, testardamente, che, nonostante tutto, il regno di Dio si è fatto vicino.
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