La scorsa settimana mentre aspettavo una persona ho curiosato sulla sua scrivania e ho trovato questo libro, era citato il monte Lussari dove sono stata qualche estate fa, così ho continuato a leggerlo incuriosita.
Raccontavano anche della Baita dell'Alpin, che il nonno di Marco nonostante i pareri contrari ha deciso di costruire. Così ho voluto condividere con voi questa storia.
In un periodo in cui si parla spesso di guerra e di Coronavirus, in cui diverse persone le vedi arrabbiate e aggressive, la personalità di Marco Aquini e le sue numerose amicizie mi ha colpita. Molte volte ripeto: "Fa più rumore un albero che cade, di una foresta che cresce". Biancarosa Chiarandini ha voluto farci conoscere quell'uomo riflessivo e osservatore, su cui ci si poteva contare sempre e che con il suo essere costruiva una comunità.
Era un tipo alla mano, tennista, montanaro e bravo sciatore. La sua attenzione verso il prossimo era infatti sempre vigile e molto discreta. Non imponeva le sue idee o faceva pesare le sue conoscenze di fatto superiori a quelle di molti altri, ma piuttosto era sempre a servizio di chi era con lui, dava sicurezza a chi lo circondava.
Il nonno di Marco aveva combattuto proprio su quelle montagne la prima guerra mondiale e aveva deciso che avrebbe costruito la sua baita proprio dove aveva vissuto quella esperienza.
Marco non ha avuto una vita facile, aveva perso il padre a 16 anni, Chiara, sua sorella in seguito a un virus sviluppò una disabilità intellettiva che interruppe la sua nascita mentale, facendola rimanere un'eterna bambina incantata, dolce e indifesa.
I vari dolori che aveva affrontato, lo avevano aiutato a saper consolare, saper ascoltare, avere un cuore che ama sempre, nonostante tutto. Marco sapeva mettere in risalto gli altri, aiutandoli a far fruttare i propri talenti e intervenendo solo di fronte a un rischio.
Spesso quando ci si ammala si è arrabbiati, invece lui ha considerato la sua malattia un'occasione per crescere e quando gli amici andavano a fargli visita era sempre sorridente e donava loro serenità.
Biancarosa quando morì Marco si pose questa domanda: "Perchè Marco? Abbiamo bisogno di persone così....", la stessa frase che ho detto io quando è morto fra Giorgio , un giorno ho ascoltato le parole di un amico che aveva perso la sorella: "Se il chicco di grano non muore non produce frutto", infatti sia Marco che Giorgio avevano sempre vissuto in modo che chi gli era accanto poteva vedere in loro la presenza di Dio e nel momento in cui sono mancati vivere allo stesso modo li faceva sentire vicini.
Ringrazio di aver conosciuto Marco attraverso questo libro, di aver potuto ascoltare, abbracciare e osservare Giorgio: mi hanno arricchita in modo incredibile.
Maria
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