Girellando qui e lì per il sito Vino nuovo (che, devo riconoscere, mi piace molto perché è vario ed eterogeneo negli argomenti trattati) ho trovato un articolo del mese scorso in cui si sottolinea l’importanza di condividere la quotidianità familiare con il sacerdote della propria comunità, perché questo fa bene a noi quanto a lui.
Ecco allora la proposta indecente, ma non troppo. A conclusione dell’Anno Sacerdotale, che culmina con l’invito di Benedetto XVI a migliaia di confratelli a Roma, perché non prendersi l’ impegno settimanale, fisso come tutte le cose importanti: «Aggiungi un prete a tavola…» Può essere il lunedì a pranzo, o la domenica sera libera da riunioni… scelga lui quando vuole (non è più ospite, ma familiare), purché diventi un’abitudine settimanale. Senza regalini di circostanza, perfino senza tiramisù. Provare per credere. È condivisione di una quotidianità che consente al ministro di Dio di entrare «nel mondo» e ascoltarne le voci: le tensioni padri-figli per un banale ritardo, le uscite del Grande Fratello, qualche stanchezza nel rapporto di coppia. Ma stappando il vinello d’occasione si libera lo stress da giornata storta dello stesso parroco, costretto troppo spesso a non mostrare alcuna macchiolina sull’abito da super-don.
Mi rendo conto che – leggendo l’articolo e pensando a don Gi con la maglietta “Io sto con Emergency” che guida il suo furgoncino carico di bambini in partenza per il campo scuola o che racconta le barzellette alla “platea” dei genitori – viene un po’ da ridere (ma anche da sentirsi felici) perché certo quello che non ci manca sono le occasioni conviviali con lui.
Però non tutte le parrocchie “fanno comunità” e, comunque, sperimentare l’accoglienza “al contrario” è una modalità molto concreta di esaltare la complementarietà delle due vocazioni, sacerdotale e coniugale di cui tanto spesso parliamo e che però troppo poco “esercitiamo” (se così si può dire).
Come ha scritto Giuseppe Rizza in un post ben più impegnato di questo :-),
piuttosto coltiviamo le eccellenze in tutte le vocazioni, permettendo al Vangelo di trasformare ogni cosa che raggiunge.
Anche la più semplice.
Maria Grazia
Comments