Giovedì ho letto che don Pino Puglisi sarà proclamato beato. Avevo sentito parlare di lui e associarlo a don Beppe Diana, ma non sapevo chi fosse. Poi cercando sue notizie ho trovato su internet un film nel quale era il protagonista: “Alla luce del sole” e ho capito. In una scena nella quale insegna ai ragazzi dice che non devono aver paura di rompere le scatole, cioè devono imparare a ragionare con la propria testa, senza credere a tutto ciò che dicono gli altri.
Nasce il 15 settembre 1937 a Brancaccio, un quartiere di Palermo, nel 1960 viene ordinato sacerdote ed intraprende un lungo cammino nel quale insegna anche. Nel 1970 viene nominato parroco a Godrano, un piccolo paese in provincia di Palermo, segnato da una sanguinosa faida, dove rimane fino al 31 luglio 1978, riuscendo a riconciliare le famiglie dilaniate dalla violenza con la forza del perdono. Ha sempre seguito in particolar modo i giovani e si è interessato alle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città.
Ma il 29 settembre 1990 ritorna nel suo quartiere Brancaccio, dove viene nominato parroco a San Gaetano. Egli raccoglie i bambini e i ragazzi dalla strada, li invita in chiesa e attraverso attività e giochi fa capire loro che si può ottenere rispetto dagli altri anche senza essere criminali, semplicemente per le proprie idee e i propri valori. Il 29 gennaio 1993 inaugura a Brancaccio il centro “Padre Nostro”, che diventa il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere. Molti ragazzi lo seguono, spesso sbagliano perchè credono di non avere scelta oppure ciò che gli viene proposto non li convince, ma nel momento in cui vedono una valida alternativa non rinunciano.Questo dà molto fastidio ai boss che lo considerano un ostacolo, così decidono prima di intimidirlo e il 15 settembre del 1993, il giorno del suo 56° compleanno lo uccidono davanti al portone di casa.
Sulla sua tomba nel cimitero di Sant’Orsola, nella cappella di Sant’ Euno, sono scolpite le parole del Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
Don Luigi Ciotti ha detto: “Quel modello di prete che la mafia voleva cacciare in Sagrestia, oggi viene riconosciuto dalla Chiesa come massima fedeltà al Vangelo. Morì per strada dove incontrava quanti avevano bisogno di aiuto e quanti con la propria condotta, si rendevano responsabili di illegalità, soprusi, violenze. Lo hanno ucciso perchè era scomodo, nell’illusione di spegnere una presenza fatta di ascolto, di denuncia, di condivisione. La speranza che suscita oggi padre Puglisi è il dare dignità a tutti coloro che costruiscono nella chiesa catechesi ed evangelizzazione a partire dalla strada, dai poveri, dagli ultimi”.
Io ho visto tutto questo quando ho incontrato don Luigi Merola, ma sicuramente ci sono altri preti che cercano di aiutare i ragazzi a non perdere la via della vita, comunque hanno bisogno del nostro aiuto, della nostra collaborazione, solo così si diffonderà questa mentalità e la mafia non avrà più potere.
Maria
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