Dobbiamo riprenderci le nostre vite, anche se sembra un intervento difficile, specie in un periodo tempestoso come quello attuale, in cui cambiare il baricentro anche di piccoli comportamenti quotidiani può attentare alla nostra fragilità. Ma dobbiamo arrivarci sentendoci anche arbitri capaci di far recuperare quella soglia minima di dignità vitale ai nostri comportamenti perché propri della nostra personalità, finalmente tornata a livelli di autodeterminazione, come se liberata dal torpore della mano di una regia oscura da troppo tempo, impalpabilmente, condizionante.
Il domani prefigurabile migliore è possibile già ponendosi oggi l’ obbiettivo di non lasciarsi fagocitare da quel modello di sviluppo economico omologante in cui il ‘’sistema’’ sembra faccia sprofondare tutte le categorie umane strutturalmente deboli perché indifese: occorre una reazione innanzitutto soggettiva che si concretizzi in una presa di consapevole rigetto e che ci faccia dire BASTA :
-al disegno di fondare il benessere di qualcuno sulle sperequazioni sociali, cioè sul malessere dei più;
-agli sprechi;
-al drittismo millantato dagli evasori di regime; evasori fiscali non solo, ricomprendendo nell’ accezione tutti coloro che non vogliono e non sanno stare alle regole di una sana convivenza democratica;
– a quel timore reverenziale che persino ci attanaglia quando siamo di fronte alla supponenza dei gestori del potere, facendoci soffocare dentro quel bisogno di manifestare in modo civile il nostro dissenso più profondo, per quel loro modo ambiguo e ipocrita di intendere il ‘’BENE COMUNE’’ ;
– agli arbitrii e ai silenzi complici;
– a tutto ciò che contribuisce a impedirci di vedere, sia pure all’ orizzonte, l’ uscita dal buio dei nostri condizionamenti mentali e psicologici al cambiamento di rotta.
Occorre una reazione determinata delle nostre ‘’anime’’ al grigiore dei tempi:
-incominciando ad uscire dall’ isolamento in cui viviamo i nostri condomini, imparando noi stessi per primi a fare un’ apertura verso i più riottosi, ci costi anche fatica;
– recuperando il valore della solidarietà mentre ripensiamo che spazi anche della nostra professionalità, delle nostre competenze possono essere MESSI IN RETE E PIU’ EFFICACEMENTE affiancati ed arricchiti da forme di sostegno innovative di lavoro collaborativo già efficacemente provate in alcune grandi città europee e italiane da frotte di manager sputati fuori dal circuito lavorativo impazzito, superando logiche di chiusura egoistiche; e ciò valga anche nelle nostre scelte consumistiche dove un acquisto intelligente puo’, a nostro vantaggio, oltrepassare i meccanismi di una speculazione intermediaria, anche a discapito di un facile cedimento alla tentazione del ‘’carrello felice’’;
– recuperando, oltre che l’ importanza di progetti legati all’ economia del dono, anche uno stile di vita più sobrio, improntato all’ essere, che ci renderà fieri di non dover ostentare più quanto d’ inutile appensativa le nostre opzioni di vita.
Lasciamoci andare all’ idea che si può concretamente costruire un futuro con linee guida
profondamente rifondate sulla consapevolezza che quell’ 80% del mondo non ricco non è più disposto a farsi malleare le coscienze da una minoranza dispotica solo perché forte di una leva finanziaria perno di una visione liberista dell’ economia, scellerata perché sa globalizzare in virtù di un basso costo della mano d’ opera ma che non è capace altrettanto di globalizzare i diritti dei lavoratori ad un lavoro realmente dignitoso.
Ma oltre l’ economia malata e ai suoi grossi interessi speculativi, c’è anche un cuore e l’ intelligenza del fattore umano che quel sistema si è permesso di marginalizzare a elemento di spurio valore. Dobbiamo saper ribaltare gli schemi in gioco mettendo al centro di una nuova strategia di vita quell’ ELEMENTO UMANO proprio perché così delicamente prezioso.
Ed allora sì, saremo più veri e temeremo meno gli effetti della CRISI quando sapremo affrancarci ANCHE da tutta una serie di abitudini cui mai ci sarebbe parso possibile rinunciare:
-pensiamo alla robottizzazione dei meccanismi di consumo funzionali agli sprechi, pensiamo alla vita di certi beni durevoli di cui non possiamo fare a meno e che ci hanno indotti a credere concepiti e fabbricati giusto il tempo di obsolescenza programmata perché POI fossimo pronti a riacquistarne ALTRI ancora più cagionevoli. Senza riflettere che così ci piegavamo ad assimilare, grazie agli infidi messaggi subliminali della pubblicità mediatica, insieme a quelli, l’ idea di un ricambio esasperato anche per dei beni immateriali, che so….. , penso all’ AMICIZIA , ….ai sentimenti in generale, ….ai rapporti a tempo perché funzionali all’ uso e getta e perché altrimenti considerati attentati ad un ordine di cose precostituito: INSOMMA UN’ ESISTENZA PREORDINATA SECONDO UN CLICHE’ AL DI SOPRA DELLA NOSTRA VOLONTA’, pianificata .
Come penso spesso anche ai limiti imposti di uno spazio fisico, inteso in senso stretto, in cui interagiscono le nostre stesse relazioni in città dove certi urbanisti, complici di una precisa mirata scelta politica di gestione del territorio, hanno perfino confinato, per difetto, i nostri luoghi d’ incontro deputati allo scambio di idee, opinioni, allo svago e divertimento.
Ripenso a quelle poche sparute piazze e giardini degni di questo nome nella mia grande città e all’ enfasi tutta demagogica di intendere la gestione della cosa pubblica quando l’establishment DI TURNO era costretto ad inaugurarle con tanto di taglio di nastri in pompa magna, dove per anni forse si è scientemente impedito di rodare, in tutta libertà, prima dell’ avvenuta maturità, la nostra fede di cittadini consapevoli.
Liberiamoci dalle paure, dalle angoscie notturne dei nostri pensieri malefici, scartiamole dai nostri codici buttandole via per sempre nella spazzatura con un sorriso riconciliante e disposto all’ ascolto degli altri.
Avremo già posto allora le basi alla speranza di credere che la capacità di sognare è il vero unico motore dela vita.
Vanni De Giosa
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